Ipogei di Santa Vittoria - Monteleone Sabino |
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Quando per la prima volta visitammo la chiesa di Santa Vittoria a Monteleone Sabino, quello che subito ci colpì, oltre alle numerose decorazioni di epoca romana inserite nella facciata e all' interno della chiesa stessa, fu la presenza, nella navata centrale, di un piccolo pozzo la cui acqua sembra fosse collegata al culto della martire Vittoria. La Santa, secondo un'antica tradizione, era una giovane donna che fu martirizzata sotto l'imperatore Decio, a Trebula Mutuesca, municipium romano posto a un chilometro circa dall'attuale Monteleone. Ci recammo tempestivamente al museo di Monteleone, dal signor Lello D’Attilia, amico di grande cultura e profondo conoscitore del territorio sabino, per avere notizie più dettagliate riguardo la funzione e l'utilizzo del pozzo durante i secoli. |
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Rimanemmo sorpresi quando D’Attilia ci disse che il pozzo non era mai stato esplorato e che, sebbene la chiesa fosse stata oggetto di numerosi rifacimenti, non si aveva alcuna notizia del pozzo e di quello che ci fosse all'interno dello stesso. Dopo aver contattato il reverendo Don Gisuppe Digasbarro, iniziammo i preparativi per l'esplorazione. A fine luglio tutto era pronto, così con il valido appoggio di D’Attilia e di Don Giuseppe, tesi ed emozionati, la mattina dell'11 Agosto 1997 calammo le corde all'interno del pozzo. |
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Il primo a scendere nel pozzo, largo all'imboccatura appena 80 cm, fu Mario Ranieri, seguito da Cristiano Ranieri e da Elio Mercuri, mentre una squadra di appoggio assicurava i contatti con l'esterno. Una volta all'interno della struttura quello che gli speleologi notarono fu la presenza di tre cunicoli, scavati in una formazione di calcareniti e breccioni pleistocenici, disposti a raggiera la cui forma così come quella del pozzo portò ad ipotizzare che tutto il sistema potesse essere stata una cisterna a cunicoli di epoca arcaica. Alla fine del cunicolo principale gli speleologi si ritrovarono al di sotto di un altro pozzo, alto quanto il precedente, ma con l'imboccatura ostruita da un lastrone di marmo e da diversi sassi, da cui a raggiera si dipartivano altri quattro cunicoli sempre scavati nella puddinga. |
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I dati raccolti a seguito di una seconda e conclusiva esplorazione furono comunicati alla dr.ssa Alvino della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio. La presenza in percentuale elevata di frammenti fittili romani in rapporto con quelli medievali e moderni indicherebbe un intensa utilizzazione del pozzo durante il periodo romano e non medievale come fino ad oggi ritenuto. |
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Con l'esplorazione di questo complesso idrico sarà ora possibile formulare nuove ipotesi circa la natura e l'utilizzo del pozzo stesso in epoca romana ed in epoca arcaica in relazione al culto di divinità pagane o a quello della martire Vittoria. (tratto da: Mondo Sabino XII, 26, 1997).
Bibliografia: Trebula Mutuesca, nuove luci nell’oblio Roma 2000.
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